
«Quando il Deputato si alzò in piedi, dovetti fare uno sforzo per placare le fitte allo stomaco. Mi trovavo di fronte ad alcuni tra i campioni più rappresentativi della creatura più pericolosa nella storia dell’umanità: l’uomo bianco in giacca e cravatta». (Il simpatizzante, p. 338)
Il romanzo mette in scena il conflitto tra Oriente e Occidente e i pregiudizi dell’uomo bianco, americano in specie, sempre pronto a soffocare con l’abbraccio della propria generosità ogni aspirazione all’indipendenza. Con un’ironia che non risparmia l’America liberal (memorabili le pagine sul Grande Autore, nel quale non è difficile riconoscere il regista di Apocalypse Now, Francis F. Coppola), Il simpatizzante mostra, meglio di mille saggi accademici, i limiti dell’etnocentrismo. E senza cadere nella trappola del romanzo a tesi, propone una meditazione dostoevskiana sulla colpa, il rimorso e il perdono. Molte le pagine da antologia, a cominciare dalla caduta di Saigon nell’aprile del 1975, raccontata dalla parte dei vietnamiti fuggiaschi. Nato in Vietnam, cresciuto in America (dove insegna English and American Studies and Ethnicity alla University of Southern California), Viet Thanh Nguyen è al suo primo romanzo. Più che un ballon d’essai, un coup de maître, giustamente premiato col Pulitzer.